Sentiti vivo nella tua vita

Ecco come funziona: capirai tutto solo per perderti di nuovo. Guarirai e imparerai e poi guarirai e imparerai nuovamente. Cambierai e penserai che rimarrai così per sempre e poi ti reinventerai. Non finirai mai e questo è proprio il punto. Crescerai e poi te la godrai. Sarai triste per poi sentirti pieno di gioia e questo a volte nell’arco delle stesse 24 ore. Piangerai. Ti confronterai e ti impegnerai di nuovo nella tua verità. Sarai incastrato in aspettative sociali e poi troverai ancora una volta il legame con te stesso. Sarai in costante divenire e questo capiterà a volte in modo conscio, la maggior parte delle volte però capiterà in sottofondo. Incontrerai sempre e ovunque nuove versioni di te stesso e, se sei fortunato e abbastanza presente, potrai invitarle a entrare. Penserai di avere tutte le risposte e poi ti sentirai umile dinnanzi a ciò che ancora non sai. Seguirai un percorso solo per realizzare che hai bisogno interamente di una nuova stella polare. E tutto ciò andrà bene e ti servirà a ricordare quanto tu sia meravigliosamente vivo nella tua vita.

Jamie Varon

Respira e vivi come fa la terra

Una grande valigia gialla

Quando nel febbraio 2012 mi sono trasferita in Germania tutto ciò che ho portato con me è entrato in una grande valigia gialla. Principalmente il suo contenuto erano vestiti invernali, il che mi ha portata in primavera a spendere quello che rimaneva del mio stipendio in abiti più leggeri.

Inizialmente avevo un contratto di un anno che poi è stato rinnovato per un altro anno per poi diventare alla fine del 2013 un contratto a tempo indeterminato.

Io non ero partita con grandi aspettative, queste però sono cresciute sempre più man mano che passava il tempo. Così come sono cresciuti i miei beni materiali. Ho lasciato l’appartamento in comune per uno proprio, ho incontrato persone da tutto il mondo stringendo importanti amicizie e ho conosciuto il significato della parola amore. Sono stata accolta in una famiglia che sento sempre più mia e ho imparato a camminare con le mie gambe, cadendo sì ma trovando sempre la forza di alzarmi.

Ci vuole coraggio per lasciare il proprio ambiente di origine e ci vuole ancora più coraggio nel definire la propria meta definitiva.

A quella giovane donna con la valigia gialla io ora sorrido e le confermo che ha fatto la scelta giusta.

Ho il pollice verde!

Questa settimana sono stata a casa da sola fino a giovedì perché Dominik era in sede a Karlsruhe per un evento di lavoro.

Da gennaio qui da noi è iniziata la stagione della semina di diverse piante che ora, cresciute, occupano spazi sia interni che esterni della nostra casa. Abbiamo piantato melanzane, peperoncini, pomodorini, insalata, nespole, cipolline primavera, ravanelli e diverse erbe aromatiche. A occuparsene è principalmente Dominik.

Durante il fine settimana scorso, visto il suo viaggio di lavoro, Dominik si è preso del tempo per fare con me il passaggio di consegne, affidando le piante alle mie cure. Io, da brava giardiniera in erba, ho preso diligentemente appunti annotando quando e come bagnarle.

Ogni giorno, dopo il lavoro, ho dedicato un’abbondante mezz’ora alla cura delle piante e devo ammettere che ci ho preso gusto. Ho scoperto il mio pollice verde.

Prendersi cura di una pianta permette di rallentare, di osservare e di reagire in modo consapevole ai suoi bisogni. Questo mi ha fatto sentire necessaria: le piante avevano bisogno delle mie cure. Fare giardinaggio, inoltre, permette di stare all’aria aperta e con le mani nella terra: riporta, insomma, alla base di tutto. Il contatto diretto con il ritmo della natura aiuta a comprendere meglio la vita.

Nulla fiorisce tutto l’anno e questo è un punto su cui riflettere rispetto alle aspettative che abbiamo su noi stessi.

Le nostre piante di pomodorini crescono

Porta la tua vita al livello successivo

Secondo Jay Shetty per portare la propria vita al livello successivo è necessario porsi queste tre domande:

– Quali pratiche voglio implementare?
– Cosa voglio smettere di fare?
– Cosa voglio continuare a fare?

Questo processo di revisione della propria vita aiuta a farne il punto.

Ognuno di noi aspira a diventare quella versione di se che sa di poter essere. Abbiamo addirittura il dovere di diventarlo, altrimenti ce ne potremmo pentire in futuro e questo potrebbe essere più difficile da elaborare che semplicemente avere il coraggio di buttarci. Possiamo quindi solamente avere fiducia nel processo e concentrarci a salire un gradino alla volta della scala della nostra vita. Di tanto in tanto fare un’analisi retrospettiva ci può aiutare ad aggiustare il tiro. Come mi ha detto una volta un saggio signore greco: “Siamo sempre in grado di cambiare corso scegliendo consapevolmente una strada differente rispetto a quella su cui ci troviamo”. Questa, ora che ci penso, è una grande libertà.

Un gradino alla volta

Amati così come sei

Trova un modo per amare così tanto la tua vita che ti sentirai fortunato a essere tu. Come se fosse un privilegio alzarti ed essere semplicemente tu. Come se fossi totalmente incantato dalla tua vita. Che bella casa che hai costruito. Che amici incredibili a cui puoi scrivere tutto il giorno. Il modo in cui passi il tuo tempo e la tua vita – geniale. Che divertimento! Che spirito forte che hai. Che modo di prenderti cura di te stesso e di ascoltare i tuoi bisogni. Che bei bambini, o cani, o gatti, o che belle piante hai cresciuto. Wow, hai proprio capito come vivere la vita. O, se così non fosse, guardati mentre cerchi di riuscirci e combatti per la tua gioia. Come sei fortunato a poter essere tu.

Jamie Varon
Illumina sempre ciò che di bello c’è nella tua vita.

Conta le tue benedizioni

Sabato scorso finalmente mi sono messa d’impegno e ho organizzato la stampa del mio Gratitude Journal. Cos’è?! È un diario sul quale ogni giorno annoto dieci cose per cui sono grata, motivandole il più possibile. 
Ho iniziato nel 2020 a fare questa pratica e da due anni mi sono digitalizzata. Ogni sera intorno alle 21:00 mi siedo al computer e rifletto sulla mia giornata. 
Trovare ogni giorno dieci cose di cui essere grata non è sempre semplice ma aiuta soprattutto in quei giorni durante i quali non mi è sembrato di vivere bene.
In inglese si dice: “Count your blessings”, conta le tue benedizioni, e io credo ci sia qualcosa di vero in questa frase. Riflettendo ogni giorno su ciò che ho e su quello che ho vissuto di cui sono grata, ho imparato a vedere sempre il positivo delle mie giornate. Ogni giornata ha il suo perché.
In fondo non serve molto: solo un foglio, di carta o digitale, e un quarto d’ora di tempo per la riflessione. A me questa pratica ha cambiato la vita e mi riscopro sempre curiosa durante l’anno nel rileggere ciò di cui, qualche anno prima quello stesso giorno, ero grata.
La stampa del diario della gratitudine del mio 36esimo anno di vita mi arriverà il 4 marzo: non vedo l’ora di sfogliarla!

La pratica della gratitudine mi ha permesso di notare i piccoli regali della natura come questi bei fiori.

13

A 13 anni inizia l’adolescenza, quindi questo vuol dire che sei un adolescente, caro Paolo. Io non sono preparata: stai crescendo troppo in fretta.
Ricordo ancora 13 anni fa la telefonata del tuo papà che mi diceva che eri nato dopo una notte di travaglio. Io, allora, lavoravo come receptionist in un’azienda multinazionale americana. Non proprio il lavoro della mia vita ma l’ho sempre svolto con metodo e umiltà. Ti ho conosciuto tre giorni dopo e mi sono innamorata immediatamente di te che avevi gli occhi blu ed eri minuscolo.
Non sono mai riuscita a festeggiare il tuo compleanno con te di persona perché, quando hai compiuto un anno, mi stavo preparando per il mio colloquio da 1&1 a Karlsruhe iniziando, pochi giorni dopo, la mia più grande avventura.
Quest’anno però è diverso: vengo settimana prossima a festeggiarti e a darti tanti baci sulle orecchie, invece di tirartele.
Tanti auguri caro Paolo, sono grata e orgogliosa di essere tua zia.

Questa foto me l’hanno fatta al lavoro, come vedi in Germania si lavora duro!

Di nuovo in pace

Nel 2021, quando mi sono trasferita a Weil der Stadt, ho preso una decisione importante: sono uscita dalla Chiesa Cattolica. Ho sbrigato questa pratica al comune che ha inviato un’informazione alla chiesa della mia nuova città. Il parroco allora mi scrisse per chiedermene i motivi. Io non gli risposi.
Sono cresciuta con un’impostazione cattolica, ho fatto tutto il percorso e la fede per me è stata sempre importante. Mio padre era molto credente e fino al suo ultimo giorno ha vissuto la fede in modo attivo. Io credo in Dio, che per me è rappresentato nella forza della Natura e dell’Universo, e credo nei valori cristiani. Sono uscita dalla chiesa perché quella tedesca non mi rappresenta: ci vanno prevalentemente solo gli anziani, cantano canzoni con l’organo e non se ne capisce il testo e viene finanziata direttamente dai fedeli tramite tassa diretta sullo stipendio di ogni mese.
Faccio ancora fatica oggi a fare pace con me stessa per la decisione che ho preso e da allora provo difficoltà a relazionarmi con il mio lato spirituale. Ho passato un periodo nel quale mi sentivo persa sotto quel punto di vista. Mi sono ritrovata però nella meditazione.
Ieri sera mi è successa una cosa particolare: stavo meditando e a un certo punto, mossa dalle parole dell’insegnante di meditazione, ho iniziato a cantare nella mia mente il ‘Ti ringrazio mio Signore’, una canzone che io collego alla mia infanzia in chiesa. Mi sono sentita in un attimo come in una pace di sensi, come se qualcosa scollegato da tempo fosse ricomparso. Ho fatto poi attenzione al testo del ritornello di questa canzone e lo trovo davvero molto bello e pieno di speranza: mi sono riproposta di cantarlo a mente quando mi sento insicura. Lo condivido qui sotto qualora non lo conosceste o non ve lo ricordaste:

Ti ringrazio mio Signore
non ho più paura, perché,
con la mia mano nella mano
degli amici miei,
cammino fra la gente della mia città
e non mi sento più solo;
non sento la stanchezza e guardo dritto
avanti a me,
perché sulla mia strada ci sei Tu.

Per me racchiude un messaggio positivo: condividere la propria vita con gli amici rende più forti e meno soli perché mossi da una forza divina durante il nostro cammino.

Stoccarda vista dal Monte Scerbellino

Pitturare il diavolo sulla parete

Durante la mia vita ho sofferto molte catastrofi inimmaginabili. La maggior parte delle quali non si è mai avverata.

Mark Twain

Quante volte ci troviamo intrappolati nella nostra testa a immaginarci scenari apocalittici sul nostro futuro? Progettiamo e viviamo nella nostra mente tutto nei minimi dettagli, poi però affrontiamo la temuta situazione e ci accorgiamo che prende una piega differente se non addirittura inaspettatamente migliore.

In tedesco c’è un modo di dire che a me fa sorridere perché rende veramente bene l’idea: “Den Teufel an die Wand malen”. La sua traduzione letterale è “Pitturare il diavolo sulla parete” che come concetto in italiano corrisponde a “Fasciarsi la testa prima di cadere”. Io in questa disciplina vado forte e non è assolutamente qualcosa di cui essere fieri.

A volte mi faccio talmente prendere dalla testa che mi paralizzo e non intraprendo più alcuna azione. Con il tempo, ho imparato a trattarmi con gentilezza quando mi accade di farmi prendere dai miei pensieri a spirale. Questo istinto primordiale infatti può essere governato e ha a che fare con una mancanza di fiducia in se stessi e nel sistema.

Se capita anche a te di venire travolto dal vortice dei pensieri negativi, fai un passo indietro, valuta la situazione con obiettività, fai un bel respiro e vai avanti. Non nascondere la testa nel guscio. Affronta con consapevolezza la situazione che ti condiziona e vedrai che girerà in un altro modo rispetto a quello di cui ti preoccupi tu. E se invece non dovesse essere così? Credi nella tua forza: sarai in grado di affrontare anche questa sfida. L’universo infatti pone delle sfide solo a chi ha i mezzi giusti per gestirle. Coraggio!

Dentro a questa grotta buia si nasconde una delle più belle cascate che io abbia mai visto. Vale sempre la pena attraversare il buio.

Impasta che ti passa!

“Io, quando mi sento giù, mi metto a impastare”, questa frase di una mia cara amica mi è rimasta impressa nella memoria. Era un tardo pomeriggio di febbraio di qualche anno fa quando me la disse al telefono.

Qui a Stoccarda è un mese che piove quasi ininterrottamente e questo si riflette sul mio stato d’animo. Cerco sempre di far svoltare le mie giornate in modo positivo ma, quando guardo fuori dalla finestra, mi prende lo sconforto. Non demordo però, non vi preoccupate. Ho imparato con gli anni ad apprezzare di più quando il tempo è sereno, non facendomi scappare l’occasione di fare una passeggiata.

Oggi non piove ma il cielo è grigio e, ripensando alla frase della mia amica, ho deciso di preparare una focaccia. Sono quindi andata al supermercato in bicicletta a comprare gli ingredienti che mi mancavano. Ho tirato fuori la nostra macchina da cucina e mi sono messa a impastare. Il grigiume non è diventato uno stato d’animo e io mi sono sentita bene passando il pomeriggio in maniera attiva. Ho, inoltre, anche qualcosa da portare domani per il brunch che faremo a casa di amici. Ho preso insomma due piccioni con una fava!

E tu cosa fai quando ti senti un po’ così?

L’impasto della mia focaccia