I mean, would somebody take care of me or care about me if I would be suffering from Ebola? Or if I, Angela, would have a disability that affects my life so much that I could not be independent? And if I Fradegradi A. could not follow my passions? If I could not show love to the people I love more than myself? Would somebody care if I would hate myself? And if I should leave my family, friends and land to live in a safer place like the Palestinians are doing? And if I would be aggressive without reasons?
Would somebody come to me and ask me why?
The answer is YES. And the answer will be the same if I ask you would somebody talk about it?!
Now just one more question comes to my mind: would somebody defend me? YES, too.
Why? Well that’s a good question, here my answer.
Because I would and I’m just a person like you. We are people. We all have a brain, we are made of water and muscle, we have blood and, last but not least, we have a heart.
L’ebola, la malattia che sta colpendo negli ultimi mesi in modo drastico l’Africa occidentale, sta avendo effetti ancora più devastanti per i bambini con un grave impatto sulle loro vite. I bambini, infatti, non solo rischiano di contrarre il virus e di ammalarsi ma, se rimasti orfani, spesso non riescono a trovare familiari disposti a prendersi cura di loro. Sembra quindi andare verso il deterioramento la cultura tipicamente africana delle famiglie allargate.
“I bambini non vanno a scuola da mesi – dichiara Tiziana Fattori, Direttore Nazionale di Plan Italia – poiché le scuole pubbliche sono state chiuse e gli spostamenti sul territorio sono stati limitati. Soffrono per lo shock e il trauma di aver assistito alla perdita dei propri cari e hanno un disperato bisogno di assistenza”.
Dati sull’epidemia di Ebola – Fonte Plan Italia
Secondo fonti governative, in Liberia sarebbero 300 i bambini orfani a causa dell’Ebola mentre in Sierra Leone 309. Attualmente il virus si è diffuso nei seguenti sei paesi africani: Guinea, Sierra Leone, Liberia, Nigeria, Senegal e Repubblica Democratica del Congo. I dati dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità del 14 settembre riportano 5.357 casi e 2.630 morti.
“In Liberia in una settimana ci sono stati 17 morti e 4 dei nostri bambini sostenuti a distanza hanno perso i loro genitori in un piccolo villaggio nel distretto di Popalahun, Contea di Lofa – racconta il Direttore Nazionale di Plan Liberia, Koala Oumarou –. Sempre più bambine e bambini vengono separati dai loro genitori o perché questi muoiono o perché vengono mandati da parenti in aree non colpite per paura che i piccoli si ammalino. Una preoccupazione pressante è che nelle comunità prese di mira dall’Ebola la cultura di prendersi cura dei bambini degli altri sta scomparendo. Le famiglie allargate non vogliono più occuparsi degli orfani di genitori morti per il virus in quanto temono di essere contaminate o di essere stigmatizzate dalla comunità che le isolerebbe. I bambini sono così abbandonati a loro stessi senza cibo e nemmeno cure.”
Gli orfani che hanno assistito alle morti dei loro familiari sono in un continuo stato di shock, vedono corpi inermi sulle strade, uomini con maschere e divise che spruzzano liquidi disinfettanti, a loro sconosciuti, nelle case dei vicini. “Non vengono coinvolti in attività ricreative che possano aiutarli a buttar fuori le loro paure e trovare conforto – afferma la specialista di Plan International nella Protezione dei BambiniAnita Queirazza – inoltre i bambini nei centri medici non hanno alcun appoggio psicologico e vengono lasciati soli proprio quando hanno ancor più bisogno di sostegno”.
Bambini orfani soccorsi da staff Plan Liberia – Fonte Plan Italia
Plan sta per questi motivi priorizzando le attività rivolte ai bambini nei Paesi colpiti dall’Ebola dove opera. In Sierra Leone Plan è presente dal 1976, in Liberia dal 1982 e in Guinea dal 1989. Queste azioni sono soprattutto relative alla prevenzione infantile, alla gestione dei casi, al primo soccorso psicologico e all’insegnamento di misure salva-vita.
Plan ha inoltre stretto una collaborazione con International Medical Corps, leader in materia di risposta alle emergenze e nell’ambito della salute mondiale, con l’obiettivo di prevenire il contagio e di ridurre il numero dei morti. Per rafforzare le capacità professionali del personale sanitario, le due organizzazioni hanno intenzione di formare professionisti sanitari regionali e di primo intervento per rispondere e controllare il diffondersi dell’infezione in Africa occidentale.
Questo piano di intervento prevede un approccio graduale in cui è previsto che International Medical Corps si concentri inizialmente sulla gestione dei casi e del loro trattamento e che Plan si focalizzi sul mobilitare le comunità e renderle consapevoli della salute pubblica. Ulteriori attività saranno sviluppate a seconda delle necessità che emergeranno.
Plan e International Medical Corps lavoreranno a stretto contatto con i Ministeri locali della Sanità, le organizzazioni comunitarie, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e altre agenzie umanitarie e sanitarie a carattere internazionale.
Tutti i bambini devono poter crescere in modo sano, aver diritto a un’educazione senza violenza, poter essere istruiti ed essere protetti dallo sfruttamento: così sta scritto nella Convenzione per i diritti dei bambini dell’ONU. Spesso però per le bambine non è così!
Particolarmente in Africa, Asia e America Latina l’uguaglianza non è scontata. Molte bambine non possono frequentare regolarmente la scuola perchè devono fare i mestieri, prendersi cura dei fratelli e delle sorelle oppure aiutare la propria madre nei campi. Il diploma diventa quindi l’eccezione. Se sono malate spesso non ricevono cure. Inoltre sono spesso vittime di matrimoni combinati e diventano mamme in età ancora adolescenziale. Nel peggiore dei casi non vengono neanche registrate all’anagrafe e diventano quindi più facilmente vittime di violenza fisica e psicologica, sfruttamento e traffico di persone.
Le ragazze però, se aiutate, potrebbero rappresentare il ‘motore’ della società. Supportando il loro sviluppo migliora di gran lunga la situazione economica della loro famiglia, della loro comunità e non per ultima della loro nazione. Questo viene dimostrato sia dall’esperienza di Plan che dagli studi dell’ONU e della Banca Mondiale.
Ogni anno in più passato fra i banchi di scuola significa per una ragazza che il suo reddito potenziale aumenta tra il 15 e il 25 per cento. Le donne infatti investono i loro risparmi nell’educazione dei propri figli. Questo porta a lavori migliori per i membri delle loro famiglie.
Per questo motivo la campagna ‘Because I am a girl’ di Plan appoggia lo sviluppo delle bambine e la loro formazione. Oltre al fatto che possano andare a scuola è importante che esse siano in grado di prendere in modo indipendente le loro decisioni e ciò ha un grande impatto sullo sviluppo delle nazioni povere.
Because I am a girl è una campagna mondiale per i diritti delle bambine che promuove il loro diritto ad avere le stesse chance dei pari età di sesso maschile. L’obiettivo di Plan è quello di rafforzare la posizione femminile perchè possano riscattare la loro situazione famigliare. Investire sulle bambine significa accantonare la povertà!