In questo periodo sto ascoltando l’audiolibro Resilient di Rick Hanson. Lo faccio di solito mentre sfreccio col passeggino per le campagne di Weil der Stadt. La resilienza è un tema che ho potuto approfondire nel 2021 al lavoro da Endress+Hauser come obiettivo concordato con il mio capo.
È un tema che a me è particolarmente caro, di cui mi piace occuparmi e che io associo anche a tutto il lavoro sulla consapevolezza che sto facendo su di me e su queste pagine dal 2015, l’anno dopo che è morto mio padre e l’anno in cui mi sono licenziata dalla mia prima azienda in Germania. Ero capitata nelle grinfie di un capo-tiranno che ha praticamente distrutto il mio reparto per poi venire licenziato lui. Tardi, troppo tardi purtroppo per me che mi ero già scottata.
Nel libro Hanson scrive che nei periodi difficili quello che ci può salvare sono quelle che lui chiama „vitamina C“, ossia quelle abitudini o quei rituali che ci fanno bene all’anima. Le tradizioni che ci infondono una sensazione di pace interiore a cui possiamo fare ricorso facilmente quando le acque si fanno più movimentate.
La mia vitamina C è rappresentata in ordine di importanza da:
Sport
Scrittura
Meditazione
Camminare
Lettura
In autunno e, in generale, verso la fine dell’anno tutti abbiamo bisogno di una buona dose di vitamina C.
Non dimenticare di coltivare le tue buone abitudini quando sei stressato perché è proprio quello il momento in cui ti possono fare da ancora, permettendoti di fare una pausa dalla tua navigazione burrascosa.
Se c’è una cosa che ho imparato nel mio percorso di vita è che i pensieri diventano più piccoli una volta espressi. Mi spiego: se c’è qualcosa che non ti da pace e la tiri fuori, sia questo confidandola a qualcuno o scrivendola su un quaderno, il tuo pensiero perde peso. Te ne sarai alleggerito.
Esprimere quello che ti turba è utile per non entrare in una spirale di pensieri da cui uscire da solo potrebbe risultarti difficoltoso. I pensieri difficili possono incatenarti e toglierti ad esempio risorse importanti come il sonno.
Ci sono scuole di pensiero che consigliano di mettersi un quadernino accanto al letto e, quando si rimugina sullo stesso pensiero non riuscendo a cacciarlo dalla testa, di annotare tutto nei minimi dettagli. Personalmente non ci ho mai provato però credo incomincerò a farlo perché nell’ultimo periodo mi girano tante cose nella testa che non mi facilitano la presa del sonno. Io ho preferito finora esternare i miei pensieri ad amici e famigliari fidati: non sempre mi ritrovo nelle loro risposte ma il confronto mi aiuta ad alleggerire il carico.
Qualunque sia il metodo scelto, l’importante è comunicare quello che ci tiene impegnati non restandone paralizzati.
Le mie amiche lo sanno: io non faccio messaggi vocali, faccio podcast.
Forse ispirata dalle prime puntate della nuova stagione de Il Volo del Mattino, durante le quali Fabio Volo esorta i suoi ascoltatori a fare, scrivo questo post.
Sono tornata venerdì da due settimane di vacanza e il mio primo giorno a casa l’ho passato immersa nel fare. Sono andata al mercato e al supermercato, ho fatto partire due lavatrici, ho fatto sport e una passeggiata e poi mi sono motivata a passare l’aspirapolvere anche se non ne avevo voglia. Perché? Per farmi un favore: così non avrei dovuto farlo domenica potendomi godere una giornata in famiglia prima di ricominciare la routine settimanale.
È importante farsi dei favori come questo e rendersi la vita futura più facile. Perciò io mi preparo la colazione la sera prima e metto i vestiti sportivi a portata di mano, così da non esitare nella decisione di iniziare la mia giornata in modo salutare e attivo. Mi facilito le scelte giocando in anticipo.
I device odierni ci prendono in ostaggio, non ce ne accorgiamo e passiamo ore sui social media a scrollare. Per quanto mi riguarda, ho deciso che questo non è il modo in cui desidero vivere. Io voglio essere immersa in attività positive, creandomi una vita attiva e piena e lavorando in anticipo per rendermela più confortevole.
Ho deciso di scegliere con cura le attività che desidero fare e immergermi in esse al 100%, senza distrazioni e facendo il più possibile per facilitarmi la vita il giorno successivo. Così sono sicura di impiegare bene e in modo per me soddisfacente il mio tempo.
Oggi è ricominciata la mia routine e io sono di nuovo a passeggiare vicino a un campo di mais. Scegli bene come impiegare il tuo tempo: non è infinito.
Quando nel febbraio 2012 mi sono trasferita in Germania tutto ciò che ho portato con me è entrato in una grande valigia gialla. Principalmente il suo contenuto erano vestiti invernali, il che mi ha portata in primavera a spendere quello che rimaneva del mio stipendio in abiti più leggeri.
Inizialmente avevo un contratto di un anno che poi è stato rinnovato per un altro anno per poi diventare alla fine del 2013 un contratto a tempo indeterminato.
Io non ero partita con grandi aspettative, queste però sono cresciute sempre più man mano che passava il tempo. Così come sono cresciuti i miei beni materiali. Ho lasciato l’appartamento in comune per uno proprio, ho incontrato persone da tutto il mondo stringendo importanti amicizie e ho conosciuto il significato della parola amore. Sono stata accolta in una famiglia che sento sempre più mia e ho imparato a camminare con le mie gambe, cadendo sì ma trovando sempre la forza di alzarmi.
Ci vuole coraggio per lasciare il proprio ambiente di origine e ci vuole ancora più coraggio nel definire la propria meta definitiva.
A quella giovane donna con la valigia gialla io ora sorrido e le confermo che ha fatto la scelta giusta.
Mi è successo di nuovo. Ieri ero al supermercato e mi sono trovata ad ascoltare la conversazione in italiano tra due commesse. Una parlava con forte accento siciliano, l’altra non era italiana ma capiva la lingua.
Io mi fingo sempre assorta in altri pensieri quando sento parlare italiano ma in realtà non posso non ascoltare. Sono una 007 linguistica e non lo nascondo.
Mi piace proprio ascoltare i discorsi di altre persone, osservandole senza farmi notare. Mi fa sentire appartenente a una comunità in più, rispetto a solamente quella tedesca.
Io trovo in generale interessante sentire come alcuni italiani, di prima o seconda generazione, si esprimano. Quando parlano in dialetto mi rendo conto della vastità della nostra cultura e questo mi affascina sempre.
Abbiamo un bagaglio linguistico e culturale di grande rilevanza: non ce lo dobbiamo dimenticare.
Questo essere umani è come una pensione. Ogni mattina un nuovo arrivo. Una gioia, una depressione, una cattiveria e alcune consapevolezze momentanee arrivano come un visitatore inaspettato. Dai a tutti il benvenuto e intrattienili! Anche se sono una moltitudine di dolori, che hanno svuotato in modo violento la tua casa dei suoi mobili. Tuttavia tu trattali come un ospite onorabile. Potrà magari liberarti per provare nuovi piaceri. Il pensiero oscuro, la vergogna, la malizia: incontrali alla porta sorridendo e invitali a entrare. Sii grato per chiunque venga a bussare alla tua porta perché è stato mandato da una guida dell’aldilà.
Se qualcosa dovesse accadermi, voglio essere presente.
Albert Camus
Essere presente con me stessa è un’arte che non sempre ho posseduto e su cui mi sto concentrando particolarmente da un anno a questa parte. Mi permette di mantenere il mio equilibrio e di avere un legame più costruttivo con me stessa.
Inizio le mie giornate chiedendomi innanzitutto come sto e adattando le mie attività di conseguenza rispettando ciò che mi sono prefissata ma modificandone il carico o il momento durante la giornata nel quale lo svolgo.
In passato tendevo ad alternare periodi in cui forzavo troppo la corda a periodi nei quali mi lasciavo andare e questo perché non ero connessa con la mia anima e con il mio spirito.
Essere presente con me stessa è per me diventato ora di cruciale importanza. Non fare accadere la vita ma esserne parte attiva, avendo una narrativa positiva con me stessa, mi aiuta a sentirmi meglio. Ho imparato a priorizzare alcune attività che so che mi fanno bene ma anche a spostarle nell’arco della giornata se non mi sento nella condizione giusta per svolgerle quando le avevo prefissate.
Il tutto senza sensi di colpa perché sono consapevole che non c’è altro giudice a giudicarmi che io stessa. Allora perché non volersi bene da subito e non vivere a pieno il proprio viaggio?!
Mi sono sentita raccontare questa storia per la prima volta quando avevo 16 anni. Mi trovavo in Germania, a Monaco di Baviera, per un soggiorno di una settimana organizzato dalla mia scuola superiore in modo da permettere a noi studenti di approfondire le nostre conoscenze linguistiche e di entrare in contatto con la cultura tedesca. Ero in una piccola aula della scuola di lingue che avrei dovuto frequentare ogni mattina e stavo facendo il colloquio di valutazione del livello di tedesco con un insegnante madrelingua che credo si chiamasse Michael.
Michael mi pose una domanda, che ho capito in seguito essere di particolare interesse per chi si confronta con chi studia la propria madrelingua: “Perché hai scelto di imparare il tedesco?”
La risposta mi venne spontanea, non ci pensai un attimo: “Mio nonno paterno è morto prima che io nascessi. Mio papà non ama molto parlare del passato o raccontare di lui però una delle poche cose di cui sono a conoscenza da quando ero bambina è che mio nonno è stato prima della seconda guerra mondiale per un periodo in Germania a lavorare. Lui era fabbro e la Germania necessitava allora di questo tipo di manodopera. Qualche parola in tedesco la sapeva o almeno sapeva abbastanza parolacce per mettersi nei guai. Ecco io, che di lui porto il nome (si chiamava infatti Angelo), a 11 anni volevo avere qualcosa in più in comune con lui e decisi di cominciare a studiare il tedesco alle scuole medie. Adesso non so solo le parolacce!” Sia io che Michael sorridemmo e lui aggiunse che la mia era una bella motivazione.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e quella ragazzina testarda di 11 anni, che si ribellò alla professoressa di inglese che l’aveva inserita nel gruppo che avrebbe studiato il francese come seconda lingua insistendo perché lei voleva assolutamente imparare il tedesco, ha approfondito questa lingua all’università e, mentre era ancora una matricola, ha fatto la ragazza alla pari vicino a Lubecca durante un’estate, ha visitato diverse città tedesche e si è confrontata nel 2007 per la prima volta con il mondo del lavoro in una grande azienda a Stoccarda. Da febbraio 2012 vive ormai stabilmente in Germania e non è in grado di immaginare il suo futuro in un altro posto.
Siccome mio padre non amava parlare del suo passato perché “non lo avrebbe potuto cambiare e quello che conta è il presente”, la storia della sua famiglia me la sono costruita pezzo per pezzo, chiacchierando con i suoi zii e con le persone che lo conoscevano da bambino o che conoscevano i suoi genitori.
Mio nonno in Germania ci andò perché allora lui non era sposato né aveva figli. Voleva evitare che il collega, padre di famiglia, a cui il suo capo lo aveva chiesto in primo luogo dovesse abbandonare moglie e bambini. Nessuno però è stato in grado di dirmi né dove soggiornò né per quanto tempo vi restò, nemmeno i suoi fratelli. So che durante gli anni della guerra era di nuovo in Italia e che conobbe solo allora la donna che diventò poi sua moglie, mia nonna Elvira.
Probabilmente se avessi saputo ogni dettaglio della storia famigliare di mio padre, non avrei provato quella curiosità che è il mio motore e che mi ha portato a scegliere di imparare la lingua del posto in cui mio nonno aveva vissuto solo per sentirmi più vicina a lui.
Rimango infine sempre più affascinata dal potere dei racconti, anche di quelli mancati come nel mio caso. Sono come una scintilla, in grado di accendere in noi un fuoco che può, nel migliore dei casi, diventare una vera e propria passione.
Mentre pensavo a come scrivere questo post mi è tornato in mente il video di TED Talks in cui l’autrice del romanzo Americanah, Chimamanda Ngozi Adichie, parla del pericolo di una storia unica. La scrittrice sostiene che di una storia esistano sempre tante versioni ed è giusto raccontarne o sentirne molte per permettere la formazione di un’opinione personale che sia il più vicina possibile alla realtà. È proprio questo quello che rende per me la storia di mio nonno così speciale: io di versioni ne ho potute raccogliere molte formando così la mia.