Questa frase di Bob Marley mi porta a riflettere sul concetto del tempo e del ritmo che decidiamo di dare alla nostra vita.
Quando andavo alle superiori avevo un ritmo ben scandito. Uscivo ogni giorno dieci minuti prima per prendere in tempo un bus che mi conduceva alla stazione di Milano San Cristoforo permettendomi di rientrare a casa in treno a un orario accettabile. Allora i treni che collegavano Gaggiano a Milano non erano così frequenti come oggi. Correvo quindi per rispettare la mia tabella di marcia e le mie compagne di classe, vedendomi schizzare fuori da scuola, un po’ mi prendevano in giro.
Ieri sono andata in ufficio con i mezzi facendo per la prima volta un percorso differente. Volevo vedere quanto ci avrei messo e, scesa dall’autobus, mi sono messa a camminare a ritmo spedito cronometrandomi. Arrivata in ufficio, la mia collega Sabine, entrando, mi ha detto: “Hai un bel passo, ero dietro di te e ho provato a raggiungerti ma eri troppo veloce!”. In quel momento ho realizzato di avere caldo.
Mi sono ritrovata a pensare al fatto che da sempre io vado di fretta, mi impongo un ritmo veloce ma mi perdo il percorso. Su una tazza della cucina del mio vecchio lavoro c’era scritto: “Il percorso è la meta” e io credo che in questa frase ci sia della verità.
Siamo sempre presi a raggiungere qualcosa che, una volta raggiunto, non assaporiamo perché presi o dai pensieri del passato o dalle proiezioni sul futuro. Dimentichiamo di quanto sia più costruttivo godersi il presente, lasciare andare le aspettative e camminare a un ritmo più agiato. È quando smetti di voler raggiungere a tutti costi un qualcosa ossessionandoti che provi piacere per il processo in cui ti trovi.
Non affermo che non bisogna porsi degli obiettivi ma concentrarsi sul momento, muovendosi a piccoli passi. Con la fretta si rischia di rovinare più di quanto si costruisca. È quando lasci i remi in barca che inizi a muoverti al ritmo del mare e non c’è sensazione più bella su cui costruire il proprio presente.