Non è sempre facile

Chi ha scelto di vivere lontano dal luogo dove è cresciuto probabilmente si ritroverà in queste parole.

Quando a febbraio 2012, in otto giorni, presi la decisione di trasferirmi e lavorare a Karlsruhe, in Germania, non mi era del tutto chiaro cosa questa scelta implicasse.

Ricordo che i primi otto mesi li trascorsi così concentrata a superare il periodo di prova da 1&1 che non sentii la necessità di ritornare a Gaggiano, il mio paese di origine nella provincia di Milano. Le mie migliori amiche di sempre, allora, mi fecero la sorpresa più grande e più bella che io abbia mai ricevuto e affrontarono un viaggio a stretto contatto per arrivare a citofonare un nevoso sabato di fine ottobre al portone del mio appartamento condiviso. Avevano organizzato tutto senza dirmi niente e io mi sentii così felice di averle nella mia nuova realtà di vita.

La vita qui con gli anni mi ha regalato persone ed esperienze nuove che mi hanno arricchito il cuore. Mi ha tolto a 27 anni però una persona così importante come mio padre e affrontare la sua perdita da sola e lontana dai miei famigliari è stata un’esperienza a sé. Sul mio 27esimo anno di vita potrei scrivere un romanzo: è stato l’anno più brutto e più bello della mia vita. Ho perso papà e ho trovato un compagno di vita.

La lontananza non mi permette di essere presente nella vita dei miei nipoti né tanto meno di instaurare un rapporto profondo con i figli delle mie più care amiche. Sono la zia e quell’amica della mamma che si vede due o tre volte l’anno. Sì, perché col tempo ho dovuto imparare che le vacanze dal lavoro sono un momento di riposo, scoperta e rigenerazione e il tornare a casa durante quei giorni costa molta energia. Io desidero vedere tutti e tutti desiderano vedere me così che i rientri richiedono un vero e proprio talento nel project management.

La mia strada qui in Germania è stata scossa diverse volte dal terremoto di una malattia che mi accompagna da quando ho 19 anni e con cui ho imparato a convivere qui, in un’altra lingua e lontana da certi affetti che mi avrebbero reso il percorso forse un po’ più leggero.

La strada che ho scelto è la mia, mi è costata molto ma mi riempie di orgoglio. Non è sempre facile mantenere questa scelta e ci sono giorni, non ultimo questo martedì, nei quali mi viene in mente di mandare tutto all’aria. Non lo faccio e non credo sarei mai in grado di farlo perché so quanta fatica ci ho messo per arrivare dove sono oggi.

La vita è fatta di scelte importanti che ci conducono a diventare adulti. Non voglio affermare che non si debba tornare indietro sui propri passi, perché a volte fare un passo indietro significa farne due in avanti. La mia scelta però di vivere in Germania è per me indiscutibile, non sono in grado di immaginarmi altrove. Provo però sempre una certa nostalgia quando qualcuno racconta di aver passato la serata o il weekend nella sua città di origine con famiglia e amici di sempre. Per me questo non è così a portata di mano.

Della scelta presa a cuor leggero 11 anni fa posso oggi affermare di esserne più consapevole. La mantengo e ne sono grata, anche se a volte mi risulta difficile, onorando i sacrifici compiuti finora: non sono definitivamente stati invano.

Così mi piace immaginare sia la mia strada di vita

Riconoscersi

Essere in un supermercato in una cittadina alle porte di Stoccarda mai visitata fino a oggi e vedere alla cassa una coppia imbustare la spesa in delle buste gialle con sopra scritto Esselunga. Riconoscersi in quanto italiani e forse anche lombardi. Sentire un senso di appartenenza che, dopo dieci anni di vita in Germania, tuttavia permane.

La busta gialla di Esselunga: inconfondibile

Camminare tra i campi

A me, che vengo da un paese di campagna a partire dal quale, a mio parere, la provincia sud-ovest milanese inizia a essere di una bellezza particolare, camminare tra i campi infonde una tranquillità di spirito.

A Gaggiano, il mio paese di origine, si cammina tra le risaie a Weil der Stadt invece, la città vicino a Stoccarda dove vivo da quasi un anno, ci sono campi di patate.

Camminare in campagna permette di osservare il ciclo della natura e i tempi dell’agricoltura. In Germania si possono inoltre ammirare le differenti tonalità di verde e di marrone nel paesaggio circondante. A me questo calma l’animo e meraviglia ogni volta.

Ieri c’era un bel sole e una temperatura piacevole e noi ne abbiamo approfittato per iniziare l’anno nuovo con una tranquilla passeggiata tra i campi e le colline intorno a Weil der Stadt, in direzione della sua frazione Schafhausen. Non potevamo scegliere modo migliore per incominciare il 2022.

I campi tra Weil der Stadt e Schafhausen

Una gita al Blautopf

Ieri dopo tanto tempo siamo andati a fare una gita fuori porta con alcuni amici e abbiamo visitato Blaubeuren, una cittadina molto caratteristica del Baden Württemberg. A rendere Blaubeuren così speciale è il suo lago Blautopf, che in italiano significa ‘pentola blu’. Il lago deve il suo colore blu alla densità delle particelle di calcare presenti nell’acqua. A seconda della luce il colore del lago varia di intensità.

Tante leggende e racconti cercano di spiegare le origini del colore del lago, quella che a me piace di più è che il suo colore caratteristico dipenda dal fatto che ogni giorno qualcuno versasse un secchio di inchiostro nella sorgente. 

Visitare il Blautopf è un must per chi vive in Baden Württemberg ed è anche una bella occasione per fare una camminata nel bosco che lo circonda allontanandosi un po’ dalla folla di turisti che il lago attrae.

Il Blautopf di Blaubeuren

In mancanza di una passione che ho tenuto fin troppo privata

Quando ero ragazzina se c’era una cosa su cui non mi esponevo era sulle canzoni che mi piacevano. Non permettevo a nessuno di ascoltare il mio walkman, lettore cd o mp3.

Non so perché ma è come se un po’ le custodissi e le nascondessi in modo delicato come si fa con un uovo.

Forse in realtà il motivo lo so benissimo: avevo paura di essere giudicata in base a ciò che ascoltavo.

Quando tutte le mie coetanee guardavano e ascoltavano le canzoni in inglese che andavano di moda su MTV e canali simili io mi ammorbavo ascoltando Ligabue, Jovanotti, gli Hanson, i The Calling, i Negrita e Daniele Silvestri. Scrivo apposta ammorbavo perché li ascoltavo a ripetizione e anche perché un po’ ascoltandoli abbinavo un mio film personale ai loro testi. Insomma davo un significato personale a ogni verso delle loro canzoni.

In Germania si usa ascoltare musica a volume molto alto, in Italia io invece, nei miei giovani anni, ero solita cantare a volume molto alto le canzoni che mi appassionavano. Tutto ciò non sempre suscitava piacere nei miei vicini di casa.

La scorsa settimana ho richiesto il rimborso dei biglietti acquistati per andare a sentire e a vedere Ligabue dal vivo a Stoccarda. Il concerto si sarebbe dovuto svolgere nel maggio del 2020, era stato rinviato in seguito a quest’anno e poi annullato per ovvi motivi che ruotano unicamente attorno al Covid19, come potrete ben immaginare.

Sarebbe stata per me la prima volta dal vivo: come questo sia possibile non me lo so spiegare neanche io.

Quando abitavo in Italia ho sempre avuto un po’ di rispetto dei concerti dal vivo. Da quando vivo in Germania ho imparato ad amarli e a viverli in modo puro.

Prima quello che mi tratteneva era che magari la gente potesse sentire l’artista in maniera differente dalla mia. Lo so è una cosa strana da ammettere ma per me la musica rimane ancora un po’ un evento personale, anche in tempi di Spotify dove ognuno può seguire le playlist di chiunque altro.

Tutto ciò un po’ mi fa sorridere in modo amaro. In passato mi trattenevo dal comprare biglietti per concerti di artisti che mi piacevano e adesso invece non mi resta che augurare a Ligabue di pensare presto di tornare a Stoccarda e a tutti noi di liberarci di questo virus. Quest’ultimo è proprio ingiusto perché attacca gli eventi belli delle nostre vite e lo fa in un modo subdolo, semplicemente privandocene. Non è mia intenzione lamentarmi però un po’ lasciatemelo fare.

Niente di più ma [soprattutto] Niente di meno

Poesia di Haemin Sunim [traduzione e titolo di Angela Fradegradi]

Una fettina di mela in un contenitore per la colazione

contiene l’intero universo.

Alberi, luce del sole, nuvole, pioggia, terra,

aria e il sudore di un contadino – tutto ciò

è contenuto lì dentro.

Il furgone da trasporto, benzina, un mercato,

del denaro, il sorriso della cassiera – tutto ciò vi è

lì dentro.

Un frigorifero, un coltello, un tagliere, l’amore

della mamma – tutto ciò vi è lì dentro.

Tutto al mondo è sostituibile e tutto è

interdipendente.

E adesso immaginati, tutto quello che è esiste

dentro di te.

L’intero universo risiede in noi.

N.d.T. Lo sapevate che i traduttori [e gli interpreti] muovono il mondo? Abbiatene cura.

Ode allo Yoga

Non è stato un amore a prima vista. La prima volta che ho preso parte a una lezione di yoga nello studio di Moveorespiro nel 2018 mi sono trovata a fine lezione a chiedermi: “Ah, ma quindi tutto qui?!”. Ciò che mi mancava era in realtà una cosa che non avevo capito esserci anche nello yoga ma in un modo differente rispetto a quello in cui io ero abituata: la dinamicità. Io fino ad allora avevo sempre associato la dinamicità alla pressione, praticando yoga invece la pressione si cerca di diminuirla se non addirittura di azzerarla attraverso dei movimenti dinamici, i cosiddetti Flow.

Un’altra difficoltà che ho incontrato agli inizi era quella di fare yoga in una lingua straniera. Molto spesso mi perdevo nelle descrizioni dell’insegnante semplicemente perché non le ascoltavo con l’attenzione che questa disciplina invece richiede. Mi focalizzavo magari su una parola che non capivo immediatamente piuttosto che continuare a seguire il filo del discorso e comprendere quello che l’insegnante richiedeva io facessi.

Una trainer un giorno però, dopo una lezione, mi disse di non prendermela troppo se non capivo al volo la sequenza perché per lei fare yoga in una lingua straniera rappresentava già un’impresa enorme. Questa sua affermazione fu per me un po’ come un’iniezione di fiducia e mi stimolò a non abbandonare la mia pratica. Ogni settimana in modo diligente srotolavo il mio materassino e mi mettevo alla prova vedendo dei miglioramenti sia nel mio modo di ascoltare che di svolgere le sequenze.

Quando lo scorso anno è arrivato il virus e le palestre hanno dovuto chiudere, ho inteso subito che l’unica ancora che mi avrebbe permesso di mantenere il mio equilibrio durante la pandemia sarebbe stata lo sport. Per fortuna la fondatrice di Moveorespiro, Almut Schotte, è una donna che non si arrende alle prime difficoltà e ha aperto una sezione per fare yoga online sul suo sito trasformandolo poi la sua offerta in un vero portale online. È nato così il suo Studio ONE che per me ha rappresentato la salvezza.

Grazie all’offerta corsi online (anche in diretta) di Almut e del suo team di trainer ho iniziato a praticare yoga ogni mattina alternandolo a un allenamento funzionale e al pilates. Nei giorni in cui salto la pratica sportiva noto una differenza sostanziale ed è proprio questo a spronarmi a non mancare mai all’appuntamento con il mio materassino.

Affermare che lo yoga abbia avuto un’influenza positiva su di me sarebbe davvero dire poco. Praticandolo la mattina non devo più preoccuparmi di fare sport né inventarmi scuse durante la giornata per saltarlo. Iniziare la giornata facendo movimento mi permette di essere molto più presente e produttiva sul lavoro. Con lo yoga ho perso peso e tonificato i miei muscoli. Sono più resistente a livello fisico e molto più equilibrata nelle mie azioni perché consapevole dei miei limiti e di ciò che il mio corpo e la mia mente hanno bisogno. Infine mi preoccupo meno perché mi concentro di più sul presente.

Il titolo di questo articolo è abbastanza eloquente da fare intendere che nonostante non ci fossimo piaciuti subito tra me e lo yoga è nato un amore che un po’ mi inorgoglisce perché simbolo della mia perseveranza. L’unica cosa che mi dispiace è che, siccome fra pochi giorni ci trasferiremo fuori da Stoccarda, non potrò più allenarmi nella mia palestra di persona ma continuerò a sostenerla nella sua offerta online. In fondo mi hanno salvato la vita!

In attesa fare yoga online

Quando entri nel cuore di un tedesco

Mi ricordo come se fosse ieri il periodo iniziale nella mia prima azienda a Karlsruhe, in Germania. Ogni mattina aprivo la porta dell’ufficio dove lavoravo, un open space condiviso con una ventina di persone, e volenterosa mi avventuravo in un cordiale saluto, dicendo: “Hallo!” o “Guten Morgen!”. La reazione dei miei colleghi è quella che impresse in modo significativo questo ricordo nella mia memoria. Avete presente nei film western le balle di fieno che rotolano?! Ecco più o meno questa era l’immagine che visualizzavo in attesa di una risposta che non arrivava. La stessa cosa capitava quando mi congedavo la sera. Per dovere di cronaca c’è da aggiungere che io con questi colleghi non lavoravo a stretto contatto però da italiana cordiale, abituata a parlare anche con i muri, questo loro non rispondere ai miei saluti mi scioccò e non poco.
Con il tempo però capii che i tedeschi sono come un motore diesel: ci mettono un po’ a ingranare nelle relazioni interpersonali. Queste sbocciano piano piano come le rose in primavera.

Un tedesco prima ti scruta, studiando ogni tua reazione e ogni tuo atteggiamento, poi al ritmo che ritiene più opportuno però si apre facendosi conoscere con cautela sempre più. Quando arriva a sentire che tu sei una persona a cui poter dar fiducia e con cui vale la pena approfondire la relazione, ti stringe nel suo cuore e da lì è quasi impossibile uscirne. L’affetto che ne scaturisce è reciproco e proprio sincero. Ti permette di donare ma soprattutto di ricevere ancor di più, in modo incondizionato. Ne nasce un’amicizia di un’eccezionale profondità, a cui tu non vorrai rinunciare e di cui ti sentirai grato e onorato.
Grazie al fatto che, nonostante le barriere culturali iniziali, io abbia comunque sempre mantenuto un atteggiamento aperto, rispettando i tempi e gli spazi altrui, ho potuto stringere in questi ultimi anni amicizie sincere e importanti con persone tedesche. Sono certa che queste mi accompagneranno per molto tempo nel mio cammino di vita.
Infine la cosa che trovo più incredibile, riflettendoci, è che questa cautela nell’instaurare amicizie la rivedo un po’ sia in me stessa che in altre persone straniere che vivono da diverso tempo qui in Germania. Sarà questo quello che si intende con integrazione?

Per me questa è l’amicizia: camminare sempre uno accanto all’altro.

L’arte di nutrire la curiosità per ciò che potrebbe sorgere da un cantiere

Durante questo mese d’agosto per andare in ufficio devo fare un viaggio della speranza perché l’azienda di trasporti di Stoccarda, la VVS, sta effettuando lavori di manutenzione nel tratto della metropolitana U6 che collega Stoccarda a Gerlingen, la cittadina dove lavoro. Per fortuna per via del coronavirus abbiamo la possibilità di organizzare i giorni di presenza in ufficio e quelli di lavoro da casa come meglio riteniamo cosicché non mi devo destreggiare tra i vari mezzi ogni giorno. Giovedì scorso però sono andata in ufficio e l’ho fatto riproponendomi di non stressarmi troppo durante il viaggio e cercando di trarre qualcosa di positivo in ciò che vedevo sulla mia strada.
A parte la scoperta che a Feuerbach esista un asilo nido con un nome tenero come Spatzgarten (giardino dei passerotti), il mio tragitto verso l’ufficio è stato poco entusiasmante tranne che per una cosa che ho avuto la possibilità di osservare una volta arrivata a Gerlingen.
La mia azienda progetta da tempo di costruire un nuovo edificio dall’altro lato della strada e in primavera ha avuto il via libera a iniziare i lavori. Da quando, a luglio, abbiamo ricominciato ad andare in ufficio con più regolarità, ho potuto seguire lo sviluppo del cantiere. Giovedì mi sono accorta di non esserne la sola. Camminando verso l’ufficio e passando accanto al cantiere, mi è venuto infatti incontro un nostro Group Leader in bicicletta, rigorosamente con il casco in testa da bravo tedesco. Immediatamente mi sono chiesta che cosa ci facesse lì di prima mattina. Dalla direzione da cui veniva era infatti già passato di fronte alla nostra azienda senza però fermarsi. Subito mi è risultata simpatica l’ipotesi che pedalasse verso il cantiere per osservarne i progressi. Lui ha confermato il mio sospetto: con la coda dell’occhio l’ho osservato girare nel punto in cui la strada diventa sterrata e fermarsi all’inizio del cantiere accanto a due operai.
Secondo me questa curiosità verso i cantieri proviene dalla nostra voglia innata di immaginarci il futuro. Spesso sono gli anziani o i bambini a fermarsi di fronte a un cantiere e a osservarne i lavori. Gli uni con la curiosità verso ciò che chi è più giovane progetta e per controllarne il progresso e gli altri animati dalla passione per costruire e disfare tipica dell’infanzia.
A me osservare questo Group Leader, che con i suoi cinquant’anni non appartiene né all’una né all’altra categoria, iniziare la sua giornata chiacchierando con gli operai edili sull’andamento del loro lavoro mi ha mostrato che scegliere di rallentare prestando rispetto per chi costruisce qualcosa anche per te e osservando l’ambiente in cui ci si trova ripaga sempre sia anche solo per nutrire la propria capacità di immaginazione.