Perché, cosa ha detto?

Ascoltando la puntata del 16 dicembre de Il Volo del mattino, quando Fabio Volo ha condiviso un ricordo relativo a suo padre, ne ha sbloccato uno a me.

Come il padre di Fabio Volo, anche il mio non era solito farmi complimenti o esprimere i suoi pensieri relativi a me. Quando però mi capitava di parlare con qualcuno con cui lui si era confidato, sentivo spesso questa persona riferirmi quanto mio padre fosse orgoglioso di me. La mia reazione più spontanea era sempre la stessa. Chiedevo immediatamente: „Perché, cosa ha detto?!“. Ero curiosa di sapere dalla bocca di una terza persona cosa lui pensasse veramente di me.

Quando ero ragazzina ho iniziato a definire il mio papà un orso buono. Nella nostra ultima telefonata trovò però la forza per esprimermi direttamente il suo orgoglio. Era scettico sulla mia scelta di trasferirmi in Germania ma, durante quella conversazione, mi disse quanto fosse felice che io avessi insistito per realizzare il mio sogno. Mi disse tante altre belle cose che se ci penso mi commuovo.

In questo ultimo periodo penso molto a mio papà, che viveva le feste in maniera difficile. Il motivo non mi è chiaro ma sono giunta alla conclusione che non dobbiamo avere una risposta a tutto.

Io oggi vedo le feste natalizie in modo diverso rispetto a prima, quando l’evento religioso aveva un’importanza differente nella mia famiglia. Credo però che sia normale tornare indietro con la memoria ricordando il mio papà in questi giorni. Chi non c’è più vive nel nostro ricordo e le feste sono spesso momento di riflessione.

La mia decorazione natalizia

Gentilezza

Il panettiere è uno dei miei luoghi preferiti per osservare il mondo. È accessibile a tutti ed è per me un’ottima finestra da cui ammirare la società.

Il sabato mattina vado sempre alla panetteria Raisch di Weil der Stadt a comprare i Brezel e il pane per la nostra colazione lenta del weekend. Da Raisch lavora, credo da prima che io mi trasferissi qui, una signora gentile. Noi la chiamiamo a casa „la signora che fa girare il negozio“ perché è gentile ed efficiente. Da ai clienti doverosamente del Lei ed è discreta e professionale. Qualche settimana fa mi sono accorta che sul suo cartellino con il nome c’era scritto che lei è la direttrice della filiale. Non potevano scegliere persona migliore, ho pensato.

Oggi, dopo aver servito me, l’ho osservata servire un bambino di 9 o 10 anni a cui lei ovviamente ha dato del tu. Mi è sembrato così dolce il modo in cui ha elaborato le sue richieste che mi sono lasciata del tempo a impacchettare le mie cose per non perdermi la scena. Quando il ragazzino aveva pagato, l‘ho vista prendere un biscottino e offrirglielo. In quel momento si è accorta che io la stavo osservando e mi ha sorriso timidamente. Io, che mi son sentita scoperta, allora le ho detto: „Ne sarà felice!“. Quando il bambino ha allungato la mano per prendere il biscotto sono uscita.

A me chi esegue in modo gentile il proprio lavoro sta immediatamente simpatico. Credo sempre che svolgere il proprio compito in maniera corretta e amichevole sia un valore aggiunto. La gentilezza è positivamente contagiosa.

Sei abbastanza

Sii la fonte fondamentale di supporto di cui hai bisogno.

Tamara Levitt

Mercoledì sera, durante la mia quotidiana sessione di meditazione con la app Calm, l’insegnante Tamara Levitt ha pronunciato questa frase. Io sono stata subito catturata dal suo significato. Venivo da una settimana tosta, nella quale in famiglia tutti siamo stati colpiti da un virus gastrointestinale. Ero scarica, avevo mal di schiena ma quella frase mi ha subito riportata nel qui e ora.

Mi sono accorta di non aver bisogno di altro che della mia compassione, che avevo tutto il necessario per riprendermi e ricaricarmi. Ho iniziato a notare quanto il mio respiro si facesse più profondo e la tensione nella schiena diventasse più leggera.

Di me, ho soltanto bisogno di me. Di trattarmi con gentilezza e di credere nelle mie risorse. Sono io a potermi dare lo slancio per ripartire, sempre io a costruire una base solida di fiducia in me stessa.

Ogni tanto, presi come siamo dalla vita, ci dimentichiamo che abbiamo tutti i mezzi per viverla bene.

Routine

Sui social se ne leggono diversi di post che esaltano le routine: in particolare quella della mattina e quella della sera. Lungi da me scriverne un altro.!

Io però so quanto sia vero quello che viene divulgato dai vari content creator. Mi voglio soprattutto soffermare sulla costanza perché è questa a fare la differenza nei giorni in cui ci alziamo stanchi o ci sentiamo fuori equilibrio.

La costanza ci salva perché il nostro cervello riconosce il sentiero e si placa.

È quando non ho voglia di srotolare il tappetino di yoga che quello che sto cercando di evitare è proprio quello di cui ho bisogno. Ho imparato a ingannare la mia mente infilandomi appena alzata i vestiti sportivi, non lasciandomi così altra scelta che quella di allenarmi. Concluso l’allenamento, mi sento meglio e più motivata a intraprendere le attività che mi sono prefissata per la giornata. Sono anche una persona migliore con cui rapportarsi.

Insegnare al nostro cervello abitudini positive aiuta nel vivere le giornate più in linea con i nostri valori.

Ognuno di noi sa cosa gli faccia bene e non importa quante scuse cerchi di inventarci: ritornare a quelle pratiche permette di avvicinarsi sempre di più a quella versione di noi che tanto ci piace.

Sii quindi costante, svolgi i tuoi compiti ogni giorno.

Fai come un fiore, sboccia!

Quando non riesco ad addormentarmi

Per diversi anni ho combattuto con problemi di insonnia. Avevo difficoltà nell’addormentarmi e, quando ero più giovane e inesperta in questa tematica, tendevo ad andare in agitazione. Mi chiedevo come mai non riuscissi a prendere sonno e mi imbucavo in una spirale di pensieri che non faceva altro che portarmi in ansia. Più pensavo di dover dormire, più non ci riuscivo.

Tendevo a saltare da un pensiero all’altro e, il più spesso delle volte, questi pensieri non avevano alcun senso o importanza. Facevo quello che io allora chiamavo „il giro dell’orologio“ e, quando mi alzavo, sentivo già l’ansia per la notte successiva. Era un continuo preoccuparsi e questo non mi aiutava nella gestione della mia difficoltà.

Con il tempo ho imparato a conviverci: ho semplicemente una mente irrequieta che fatica a spegnersi a fine giornata. Ho imparato allora a creare una routine serale che mi permettesse di trovare tranquillità. Abbasso le luci, scrivo, leggo libri o riviste cartacee, pratico la gratitudine attivamente e medito. Presto molta attenzione alla mia igiene del sonno cercando di andare a dormire sempre alla stessa ora.

Quando però ancora oggi mi capita di impiegare più tempo nell’addormentarmi, mi ripeto un’affermazione che per me fa la differenza: „Io lo so che anche questa notte riuscirò ad addormentarmi, non importa quanto tempo ci impiegherò ma sono sicura di essere in grado di farlo“. Questa frase mi incoraggia e mi da speranza quando la mia testa inizia a preoccuparsi dell’orario e di quello che mi aspetta il giorno successivo. Questa frase è positiva e sottolinea quanto io abbia fiducia nei miei mezzi. So di saper governare i miei pensieri, so di saper sempre tornare alla calma e so di sapermi addormentare.

Oggi non vado più in ansia per il sonno e lo vedo con più tranquillità rispetto a prima perché ho fiducia che il mio corpo sarà in grado di prendersi il riposo che merita.

La mia strada verso il sonno è come un bosco che conosco bene, alla fine ne esco felice.

Di panchine e grigiume

C‘è una panchina nelle campagne di Weil der Stadt che io mi porto nel cuore. Mi ci sedetti la prima volta in un giorno molto soleggiato fuori ma per me molto grigio dentro. Era uno di quei giorni in cui mi sono dovuta obbligare a uscire all‘aria aperta per scappare dai miei pensieri cupi.

Su quella panchina, quel giorno di qualche inverno fa, io mi accorsi per la prima volta del sole che mi illuminava il volto. Il mio respiro e i miei pensieri si calmarono. Ripresi fiducia.

Quando la testa non sta bene, mettere il naso fuori di casa aiuta sempre. È una cosa in grado di scuotere l’umore migliorandolo significativamente.

Stamattina mi ci sono riseduta su questa panchina con un’impostazione mentale totalmente diversa. Ci ho fatto una pausa, ho letto il giornale e ho ripensato ad allora, a quanto io mi sentissi persa e a quanto bene quei raggi di sole in quel posto mi fecero.

Oggi il tempo è grigio fuori ma sereno dentro di me e di questo sono grata.

Non è questa la panchina, ne ho fotografato un‘altra perché quella del testo la porto nel mio cuore.

Impara a stare con le tue emozioni

Le emozioni sono come rondini: volano a turno sopra di noi. È nostro compito non permettergli di costruire un nido sulla nostra testa.

Se c’è una cosa che ho imparato praticando la consapevolezza è lo stare con le mie emozioni più scomode. Sono in grado di riconoscerle e di lasciargli uno spazio da me definito. So concentrarmi sul respiro riportandomi al momento presente. Sono in grado di non lasciarmi trasportare nel loro vortice ma di rimanere a galla.

Ieri mi sono accorta di questi miei progressi. Provavo ansia e sono stata capace di conviverci per qualche momento. Ho ascoltato della musica dolce, concentrandomi sulle parole dei testi. Ho respirato, guardato il sole e, piano piano, l’intensità della mia ansia ha iniziato a diminuire. Mi sono affidata al corso della vita perché la mia ansia era legata a una situazione che io non potevo controllare e di questo ne ero consapevole.

Gestire le proprie emozioni imparando a conviverci credo sia un segreto del diventare adulti. A scuola purtroppo non ce lo insegnano ma ci pensa la vita a farlo.

Io ti auguro di trovare strategie per convivere con i tuoi mostri non alimentandoli ma facendoli diventare il più piccoli possibile grazie alla consapevolezza. Ti auguro soprattutto di non essere mai troppo orgoglioso per chiedere aiuto.

Ieri, sollevata per aver gestito bene la mia ansia

Rivederlo

Mio padre portava in autunno una giacca di pelle nera. A me quella giacca faceva simpatia. Innanzitutto aveva quell’odore tipico di pelle e poi, ogni volta che mio papà muoveva le braccia, faceva rumore.

Passeggiando questa mattina presto nelle campagne, mi è passato accanto un signore con addosso una giacca di pelle. Non ne ho visto il volto perché ero impegnata a bere un sorso d’acqua. Era alto, portava un cappello e aveva definitivamente più capelli bianchi in testa di quanti ne avesse mio padre. Quella giacca però e quel modo di camminare mi hanno fatto subito pensare al mio papà.

Quando qualcuno di caro lascia questa terra, non ci lascia soli. La terra ce lo riporta in diversi altri modi sorprendendoci ogni volta. Di questo non si può che essere grati.

Che anziano vuoi essere?

Su questa domanda mi interrogo da tempo e trovarmela nel libro di Lama Michel Rinpoche, Dove vai così di fretta, mi ha fatto capire che questo è un tema su cui le mie azioni quotidiane devono girare.

Sì, perché l’anziano che desidero essere parte proprio dalle scelte che decido di compiere oggi.

Ovviamente desidero essere una vecchietta arzilla, attiva, contenta e in pace con il mondo. Ovviamente desidero essere un esempio positivo di essere umano per chi, più giovane di me, incrocerà la mia strada.

In palestra mi capita spesso di osservare persone più grandi di me e di dirmi: „Alla sua età vorrei essere così allineata come lei“ oppure: „Se alla sua età fossi così in forma come lei sarebbe una benedizione!“.

Io credo molto nei modelli positivi di persone da seguire: tali persone sono sempre state per me grandi fonte di ispirazione. Sono dell’idea che mi saltino così all’occhio perché scelgono nel loro quotidiano di stare bene.

Sono della convinzione che parta tutto dall’impostazione mentale con cui affronto il presente. Parte tutto da me. Solo così potrò mettere basi solide e nella giusta direzione per il mio futuro.

Scegliere di uscire anche quando la mente mi dice il contrario: una scelta consapevole verso l’anziana che voglio diventare.

Non dimenticarti di te

In psicologia ci si riferisce spesso agli avvisi di sicurezza sull’aereo e in particolare al punto in cui si dice che, in caso di turbolenze, se dovesse scendere la mascherina dell’ossigeno, bisogna prima assicurarsi di posizionarla bene su di se per poi aiutare bambini e altri passeggeri. È necessario prima pensare a se e per poi pensare agli altri. Non si tratta assolutamente di essere egoisti ma semplicemente si sottolinea che per assistere qualcuno bisogna stare bene.

È solo quando mi prendo cura di me, dei miei bisogni e del mio equilibrio che posso aiutare chi mi sta a cuore. È quando io mi concedo del tempo facendo qualcosa che mi fa stare bene che sarò in grado di creare tempo e spazio per qualcun altro.

Ti invito quindi a prenderti quell’ora per fare la tua camminata quotidiana, per ascoltare quell’intervista, per fare un bagno rilassante o per stare semplicemente sdraiato sul divano a guardare il soffitto. Concediti del tempo per te, ritagliati quel momento, perché, quando ne riemergerai, sarai più bilanciato e potrai essere molto più utile a chi della tua presenza ha necessità.

La vita è un cammino